La giustizia luogo dell'Utopia

Pubblicato il da Iacolare Francesco Saverio

                            La Giustizia  luogo  dell’ Utopia.

 

Un uomo interiormente povero è un uomo senza speranza, senza futuro, un uomo schiavo delle  paure imposte dal suo essere limitato. Codesto può essere un uomo che usa la legge, difficilmente avrà tensione verso la Giustizia. Un uomo interiormente ricco di spiritualità, esprime coraggio, altruismo, bene, amore.  Questo uomo ha sposato la Giustizia, cerca di   “comprendere” l’uomo colpevole, poi si rifà alla legge come ipostasi della Giustizia. Molti, illusoriamente, credono di correggere le colpe applicando le leggi che credono siano giuste. Certamente  il loro credere essere giuste non sono l’assoluto della Giustizia,quindi v’è necessità di una ermeneutica razionale condivisa, non imposta dalla violenza della legge, in modo particolare quando si accanisce contro un innocente le cui apparenze sono di colpevolezza, vuoi perché tradito dalla buona fede, vuoi perché “amici”lo hanno usato. Ci si chiede, a che serve la legge? A chi serve? In linea generale serve a punire i disonesti, gli assassini, i ladri, i corrotti, ecc.. ecc.. La legge non regolamenta gli onesti perché in loro v’è tensione verso la Giustizia. Questi, tuttavia, possono essere vittime di individui disonesti, quindi vengono regolamentati con tutte le gravi conseguenze dovute ad un collasso esistenziale che provoca: malattie, frattura psicologia, economica, ecc..ecc..ma questi hanno il senso della Giustizia come assoluto,  non quello caduco della legge. A chi serve? All’uomo di potere per rendere sudditi i cittadini,oppure all’uomo di governo per vestire di dignità la legge con la testimonianza di azioni politiche per il benessere collettivo. Purtroppo v’è una totale assenza di virtù nel nostro codice antropologico. L’onestà, la prudenza, la tolleranza, il perdono, la compassione, la comprensione,sono state cancellate dal nostro patrimonio etico. Queste sono state sostituite da quelle più appariscenti che possono essere identificate nel sapere intellettuale asettico organico al potere, nella manipolazione delle leggi a favore dei potenti, nell’essere grande faccendiere al servizio dell’illegalità. Il livellamento culturale, quindi valoriale, ha portato alla morte del dialogo tra Giustizia e legge, la peggiore delle cause del tramonto delle civiltà. Nelle aule dei tribunali troneggia una grande bugia,  “La legge è uguale per tutti “.Una contingenza che ignora di essere tale, la legge. Questa s’illude di essere uguale ignorando che siamo tutti “ugualmente”disuguali. Don Milani diceva “guai a fare parti uguali tra disuguali” .Non v’è consapevolezza che la ragione umana non potrà mai indagare, con giustizia, il bene e il male, il giusto e l’ingiusto. La superbia della ragione ,avendo la forza della legge ,spesso la erge a giustizia e ciò provoca l’annientamento morale di inermi innocenti, distrutti dalla mancata riflessione etica della personalità, incapace di compiere certi delitti perché la loro formazione etica e morale gli impedisce di compiere  brutture. Il caso Tortora e di tanti ergastolani innocenti, sono la prova dell’inefficienza razionale della superbia dell’uomo povero interiormente. La formazione delle leggi è frutto di accordi ideologici, di compromessi, di squallide numerocrazie fatte passare per democrazia. I “sacerdoti” della legge, spesso, usano la clave contro i ladri di polli, una soffice piuma contro i potenti. Mani pulite è stata messa in ombra dalla corruzione di oggi. Pensiamo che tutti, prima di emettere un giudizio, dovremmo cercare un frammento di tempo da dedicare all’ascolto della nostra coscienza quando ci interroga circa il nostro agire, ciò per evitare la concupiscènza e  per andare con la mente “Oltre” ciò che appare.Il ciò che appare non è la verità. La pretesa laicità della legge fonda i suoi principi nell’etica della contingenza, una visione limitata alla materialità che ignora la spiritualità. Ciò non sarà mai tensione verso la Giustizia. La Giustizia è volere il bene di tutti, è ricerca della pace, non è il lasciarsi interrogare dalla legge,ma interrogare la legge perché l’uomo è al di sopra della legge .Le leggi si cambiano nel tempo, la Giustizia è per sempre. Crediamo che la nostra pseudo democrazia non sia attrezzata per cercare di affrontare il conflitto, etico-morale-filosofico per capire perché la legge uccide, giorno per giorno, la giustizia. Qualche tempo fa ad Assisi, in una conversazione con Gherardo Colombo venne fuori questo motivo per cui ,con rammarico, lasciò la magistratura. Lui voleva interpretare la legge guardando la Giustizia,a differenza della maggioranza che interpreta le legge ignorando la Giustizia.         

 

 

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