Don Tommaso, il prototipo dell'uomo prete

Pubblicato il da Iacolare Francesco Saverio

Don Tommaso, il prototipo dell’uomo-prete.

 

Molti anni fa,”Ciccillo” nella sua  splendita  bottega di piazza Matteotti mi presentava un ragazzotto timido,ma dall’intelligenza vivace e promettente, dicendomi con orgoglio: “ Franco, Tommasino, mio figlio, è seminarista”. Appresi la notizia con gioia ma, nello stesso tempo, fui attraversato da una memoria di malinconia perché non potei realizzare il suo “sogno” vocazionale. Sofferenze e gioie lo hanno accompagnato fino alla prima celebrazione in Santa Sofia,lo stesso luogo che lo ha salutato con l’ultimo addio. C’è stato un lungo sodalizio umano e culturale, siamo passati attraverso il gruppo biblico lettura e ascolto, fortemente voluto dal caro amico Giovanni Bottone, al gruppo di preghiere di Oreb di Napoli di cui ebbe a curare una bella pubblicazione. Tommasino, come noi intimi lo chiamavamo, si è sempre distinto, nella sua vita, per una peculiare caratteristica sconosciuta ai più. Lui era un uomo –prete, a differenza di molti preti- uomini. Le sue omelie sono sempre state pregne di “trascendenza umana”, le sue parole ricche di dignità evangelica, a differenza di molti che , da” industriali della Fede” blaterano il Vangelo. I fedeli fanno la  cifra della differenza. Lui mirava al cuore dell’uomo, amava in silenzio Don Mazzolari e Don Milani, spesso si inspirava alla loro pedagogia “pericolosa” dalle nostre parti perché fortemente critica ma, costruttiva. La sua formazione umana, e poi teologica, lo rendeva un “diverso” nella palude di una cultura ingessata da una teologia che ancora oggi ci vuole parlare di Dio ma che non si sforza di parlare a Dio. Tommasino viveva la “diversità” culturale di un’anormalità nella quale v’era una nomina a monsignore, una nomina svanita nei misteriosi meandri curiali di preti-uomini. Lui non credeva nelle onorificenze nominali, Dio non ha bisogno,  né di cardinali, né di eccellenze, né tanto meno di monsignori. Dio ha bisogno di uomini che si presentano a Lui  nudi, così come li ha creati, i beni parafernali lasciamoli ai carrieristi industriali della fede. Tommasino non  aveva la “vocazione “  carrieristica, il ragazzoto timido, sempre rimasto tale è stato fino all’ultimo istante  Testimone di Fede. Personalmente negli ultimi  anni non l’ho chiamato più Tommasino ma cominciai a chiamarlo il mio Vescovo, lui sorrideva e timidamente diceva “ io non merito questo titolo”. Gli dissi una volta , io ho sempre pensato che il mio vescovo è l’umiltà fattasi carne e tu sei tale. Un uomo che comprendeva la sofferenza e la privazione perché erano le sue madri putative. Un uomo che non si è servito dei beni della parrocchia credendosi il padrone , ma li ha messi a disposizione di altri per accoglierli. Un uomo semplice, estremamente ricco della sua povertà di beni materiali. La  drammatica ricerca di DIO-UOMO era l’argomento dialettico delle nostre lunghe discussioni durante la sua permanenza alla chiesa del Purgatorio. Attento alle nostre argomentazioni come uno “scolaro”, preciso nelle sue osservazioni con la saggezza dell’umiltà dell’intelligenza evangelica. L’ultima volta che ci siamo visti è stato qualche giorno prima del ricovero. Aveva celebrato la Santa  Messa in occasione dell’anniversario di una carissima amica, moglie del caro Alfredo. Stavamo parlando della sua malattia e lui disse: “ vado ad operarmi al Primo policlinico”. Noi cercavamo di fargli coraggio, lui aveva lo sguardo distratto verso l’infinito, in fondo al quale, qualche giorno dopo, ha incontrato il buon S. Pietro che vedendolo gli ha esclamato:    “ragazzotto, buono, umile, ma in modo particolare sorridente, vai lungo questo viale, corri,  il Padre ti aspetta, a te ha riservato il posto di coloro che sono stati  umili e  giusti, in modo particolare agli uomini-preti.”  Oggi, il caro fratello “Vescovo” Tommasino, potrebbe rammaricarsi di molta ipocrisia che ha accompagnata la sua dipartita,  pochi erano gli uomini-preti che hanno versato lacrime, diversamente molti erano “funzionari di Dio” che, dopo il loro “ufficio”, hanno raccolto le proprie cose e prendendo la valigetta di rappresentanza hanno “marcato” il cartellino scomparendo tra la folla. Noi sappiamo che il tuo grande cuore di figlio di Dio ha perdonato i loro pensieri, prima del compiersi delle azioni. Noi, che abbiamo convissuto molti tratti della tua semplice ed evangelica esistenza, sappiamo bene che la tua bontà travalicava i mille confini delle miserie umane. Noi ti ricorderemo con quel sorriso solare che emanava luce e serenità, cosa incomprensibile per molti curiali dediti alla conta dei loro beni. Tu avevi una grande ricchezza che erano le doti umane e culturali vestite d’umiltà, loro in mancanza di tali ricchezze sopperiscono con l’accumulo di utili il vuoto di vocazione. Tu eri capace di amare senza riserve. Altri? Arrivederci, uomo semplice vestito di Fede, nudo della ricchezza di questo mondo, ricco dell’amore eterno che Dio ti ha riservato negli splendenti viali del Suo Regno. Ti rivolgiamo una preghiera, continua a pregare per noi miserabili. Chiedevi sempre di pregare per te. Oggi ti chiediamo di pregare per noi. Ora che la tua testimonianza, di “Povero di Spirito”, è finita in questa valle di “lacrime” siamo certi che il Buon Dio ti ha assegnato il ruolo da te sempre amato  -“L’accoglienza”-. L’alterità è sempre stata il motivo della tua vocazione missionaria come testimonianza evangelica. Ora il felice ed umile “Ciccillo” con la sua sposa , abbracciano il loro figlio nato Tommasino. Il loro amore riempirà di affetto la solitudine della cara Anna che è stata l’angelo della vita del fratello Tommasino. Coraggio Anna che Dio ti assista.

                                    Francescosaverioiaco@libero.it

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